sabato 25 aprile 2020

Books Challenge #14. Un libro che è diventato un film: "Maze Runner. Il Labirinto"- James Dashner


Cari lettori,
James Dashner e la sua saga sono riusciti a completare ben cinque categorie della Challenge Books, di cui vi sto raccontando le mie impressioni. Si tratta di una serie di romanzi fantascientifici, distopici; il primo libro "Maze Runner – Il Labirinto", è uscito nel 2009 ed è diventato un film nel 2014, "Maze Runner – La fuga", uscito nel 2010, è stato riproposto al cinema nel 2015, in un imbarazzante miscuglio di avvenimenti, presi anche dal terzo capitolo, "Maze Runner – La Rivelazione", pubblicato nel 2011. Il primo prequel, "Maze Runner – La Mutazione", è uscito nel 2014, in contemporanea al film infatti, "Maze Runner – Il Codice", è uscito solamente nel settembre del 2016. Ho cercato di inserire la saga nelle diverse categorie e ci sono riuscita. Partendo dall'incipit della saga "Maze Runner. Il Labirinto" è un libro pieno di adrenalina e una lettura affascinante. Ritrovarsi con Thomas, il protagonista, in un labirinto di pietra e cercare ogni possibile soluzione, oltre a chiedersi perché e chi abbia voluto chiudere circa 50 ragazzini lì dentro, è qualcosa che ti catapulta in un mondo dai risvolti oscuri e stimola soprattutto domande su come nasce una società. Assistiamo infatti ad un'utopia di non violenza ricreata in vitro, all'illusione di un eden menzognero, fondato sulla paura di oltrepassarne i confini e alla sicurezza della famiglia-comunità come punto di arresto dell'evoluzione di una società.
Un certo numero di adolescenti, i "Radurai", vengono lasciati in uno strano posto chiamato Radura. Oltre le mura di questa radura c'è un labirinto con le pareti in continuo movimento, con all'interno  chiuse orribili e mostruose creature, chiamate i "Dolenti": è impossibile uscire da questo posto se non si supera il Labirinto. Ogni mese un nuovo arrivato, soprannominato dai ragazzi già presenti "Fagiolino", si unisce ai Radurai, inviato tramite un ascensore e con tutti i ricordi del passato cancellati (tranne il proprio nome e lingua). L'obiettivo finale che i Radurai  si pongono, che intanto si sono organizzati ed hanno fondato una piccola comunità, è quello di trovare una via d'uscita dal Labirinto: ogni giorno appena la porta del Labirinto si apre, alcuni ragazzi, scelti tra i più veloci e detti apposta"Velocisti", si avventurano al suo interno, cercando di farne una mappa ed elaborare uno schema che possa condurli all'uscita. Quando Thomas (O'Brien) si trova improvvisamente senza memoria e intrappolato in un ascensore, iniziano a succedere cose insolite, soprattutto quando entra nella Radura e viene scelto per avventurarsi nel Labirinto.
Ma perché tutti quei giovani si trovano nella raduna? Chi li ha portati in quel luogo e per quale finalità? Perché sono tutti uomini e in oltre due anni di reclusione nemmeno una ragazza è mai entrata a far parte del gruppo?.
Alcune di queste domande troveranno risposta soprattutto nei sequel, tuttavia alcune basi vengono gettate già in questo libro, che si presenta fin da subito diverso da altre saghe. E' ambientato in un luogo non collocabile, fuori dal mondo ed è privo di triangoli amorosi. Si concentra soprattutto sulla ricerca di una via di fuga, anche se non si conosce la destinazione e a che cosa possa portare una fuga, sul gioco di squadra, sulla rivalità, sull'intelligenza.
La scrittura, con termini originali e divertenti, guida il lettore in modo acuto, rapido e ipnotico fino alla fine. Non dà spazio alle futilità e presenta un colpo di scena dopo l'altro. 
Ottima la trasposizione cinematografica del romanzo. La regia, affidata a Wes Ball, si snoda tra le scelte etiche ed estetiche con mostri mutuati da "Doom", uno spirito da naufraghi come la serie "Lost" e una nuova micro- civiltà di ragazzi come ritroviamo ne "Il Signore delle Mosche", il tutto condito in salsa Young Adult.
Lettura consigliata, come il film.

Buona lettura ❤️

giovedì 23 aprile 2020

Books Challenge #6. Un libro tratto da una storia vera: "Christiane F. La mia seconda vita"- Sonja Vukovic


Arrivata a questa categoria, il libro era già stato scelto nella mia testa. Era già da un po' di tempo che desideravo sapere la fine di quella storia, la storia di Christiane F., quindi l'occasione era più che gradita. 
Leggere di Christiane trent'anni dopo "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino" è qualcosa di spietato e crudo. Uno spaccato di realtà cruento.
Se non avete la minima idea di chi sia Christiane F. vuol dire che vi siete persi un libro, a mio parere iconico, rappresentativo di un'intera generazione, la fotografia di un'epoca: "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino" è un libro pubblicato nel 1978 dai giornalisti di Stern, K. Hermann e H. Rieck, e dalla protagonista Christiane Vera Felscherinow. Come dissero gli stessi giornalisti "partimmo da una semplice intervista ad una giovanissima ragazza per presto divenire per due mesi i suoi ascoltatori".  
Attraverso una lunga intervista, conosciamo la vita di Christiane, una ragazzina diventata tossicodipendente in giovane età. Il libro si pone come un documentario che riporta direttamente le parole della ragazza e degli altri intervistati senza porre giudizi o commenti. Ma per poter parlare di "Christiane F. La mia seconda vita" bisogna sapere cosa è "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino". Ecco perché prima di questo articolo troverete la mia recensione sul "documento-verità".
Ritornando alla seconda parte della sua vita ritroviamo Christiane, con 52 primavere alle spalle e 20 anni vissuti a Berlino e con una consapevolezza: non se lo aspettava neanche lei. Dopo una vita girovaga tra Germania, Svizzera, Grecia e il carcere, una carriera musicale mai decollata, un figlio avuto nel 1996, e una lotta con la droga che va avanti da sempre, Christiane sopravvive dignitosamente con una forma cronica di epatite e con il dolore per il figlio che le è stato portato via, ma con il quale è riuscita a costruire un rapporto. Una vita solitaria e dismessa insomma quella che ci viene presentata in questo racconto autobiografico, scritto grazie anche al supporto della giornalista Sonja Vukovic. Un racconto pieno di consapevolezza che ci aiuta a capire il perché di certe scelte e, ciò che lo rende tale, non sono i soliti argomenti, come ci si potrebbe aspettare da una biografia simile: droga, alcol, prostituzione e terapie, ma sono le relazioni umane, la solitudine, il dolore, la mancanza di fiducia, la mancanza di amore. Scrivere sulle dipendenze è come scrivere sulle relazioni interpersonali umane e sulla loro fragilità. Leggere sulla dipendenza di Christiane F. è come vivere in prima persona il suo caos emotivo. Caos emotivo da cui è emersa come la Signora Felscherinow, una persona che ha cercato di darsi delle risposte da ex tossicodipendente.
Lettura consigliatissima.
Link per l'intervista breve a Christiane dopo 30 anni ----->Christiane F.

Buona lettura ❤️



Recensione: "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino"- Christiane F.


Ho deciso di inserire questa piccola digressione, ed uscire dalle recensioni ritrovate per la Challenge Books, poiché uno dei libri, scelti per la categoria "tratto da una storia vera", è da considerarsi la seconda parte di un libro che negli anni è diventato iconico, pertanto mi sembrava giusto, per chi non fosse a conoscenza del quadro completo, fare una presentazione di "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino".
Il libro si presenta come sicuramente atipico per forma e contenuto, in copertina viene chiamato "documento-verità" ed è forse la definizione che più gli si avvicina. Pubblicato nel 1978 dai giornalisti K. Hermann e H. Rieck e dalla protagonista Christiane Vera Felscherinow, questo documento autobiografico racconta con particolare realismo le vicissitudini della protagonista Christiane in una Berlino degli anni Settanta: il trasloco a sei anni dalla campagna di Amburgo al sobborgo berlinese di Gropiusstadt, l'infanzia difficile, il padre violento e la separazione dei genitori, l'iniziazione alle droghe dapprima in un oratorio protestante, poi nella discoteca berlinese "Sound", i primi amori, le prime amicizie e la caduta nel tunnel della tossicodipendenza e della prostituzione.
Nel libro si ritrovano le trascrizioni delle diverse interviste che i giornalisti sostennero nel corso del 1978 per due mesi con Christiane e che danno l'idea e l'impressione di dialogare direttamente con i soggetti, aspetto positivo perché rende la stessa lettura una conversazione, senza filtri o spiegazioni sugli atteggiamenti o sulle decisioni degli stessi. 
Sicuramente le parole e la naturalezza del racconto e delle interviste rendono il quadro molto pesante e complesso, destando scalpore, così come fu all'epoca della pubblicazione: la giovanissima età dei protagonisti coinvolti nella tossicodipendenza e nella prostituzione, il sordido contorno di personaggi adulti, spesso psichicamente disturbati, e lo sfruttamento della sventura di ragazzi ancora bambini, schiacciati dal bisogno di procurarsi la dose quotidiana diventano elementi di scandalo. Non a caso molte critiche sono state rivolte al libro proprio per questi motivi, poiché potrebbe essere una lettura non sana e inutile al fine di allontanare i ragazzi dalla droga. Secondo alcuni la testimonianza diretta e cruda di un adolescente, senza commenti, spiegazioni sulle sue azioni, giudizi o analisi sarebbe solo fine a se stessa, soprattutto perché l'intervista di Christiane è contraddittoria e piena di esempi blandi e stupidi su come si finisca nel tunnel della droga.
A mio parere, strettamente personale, ritengo che lo scopo di questo documento non sia quello di dare una morale ("Christiane si droga per solitudine, ma la droga fa male ragazzi! Parlate con i genitori, gli amici o con le vostre figure di rifermento se vi sentite soli!",) ma di fornire una testimonianza scioccante e straziante, in cui la protagonista riporta quello che pensa quasi sempre liberamente, scende nei dettagli, anche scomodi (fuma hashish, prende Lsd, efedrina e mandrax, a quattordici anni per la prima volta si fa di eroina e comincia a prostituirsi), fornisce le sue motivazioni, spiega a modo suo come vede il mondo. Non pensa certo di dare spunto ad un romanzo pedagogico sulla droga. Sta al lettore, alla fine del documento, trarre le conclusioni, fare un'analisi del suo racconto, senza fermarsi alla superficialità di alcune affermazioni poiché dietro le parole si apre sempre un mondo di significati.
Specifico che, con questo, non voglio difenderla o punirla, considerarla una tossica senza speranza o un normale esempio di distruttività giovanile in un contesto di degrado, non voglio scusarla per l'ambiente in cui è cresciuta né assolverla, semplicemente ho analizzato la sua testimonianza come me l'ha raccontata.
Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Christiane F. - Wir Kinder vom Bahnhof Zoo) è un  diventato un film nel 1981, diretto da Uli Edel, ambientato tra il 1975 e il 1977, ed è stato girato alla stazione di Berlino Giardino Zoologico (luogo dei veri eventi del libro autobiografico), all'Europa-Center di Charlottenburg e nel Märkisches Viertel di Berlino Ovest. Le riprese fuori Berlino sono state girate a Königslutter am Elm in Bassa Sassonia.  Il film contribuì alla fama della storia di Christiane, rendendo nota, nel mondo occidentale, la piaga della prostituzione e della tossicodipendenza giovanile.
Lettura consigliata come anche il film.

Buona lettura ❤️